COME NELLE FAVOLE (2005)


Le aveva spedito un sms. Uno di quelli che solo lei avrebbe capito. Forse.
Già, perchè erano due anni che non si sentivano e non sapeva nemmeno se quello era ancora il suo numero. Al pensiero ebbe un brivido, misto di piacere e di paura. Come avrebbe reagito? Avrebbe risposto? E come? Si sarebbe ricordata dei loro giochi?
Si sdraiò sul letto. Per essere luglio quella domenica mattina faceva piuttosto freddo: nuvole grigie avevano occupato il suo spicchio di cielo davanti alla finestra e l’aria, umida e scura, correva bassa a sfiorare le gambe del comodino.
Sospirò.
Non avrebbe risposto. Certo che no... E per quale motivo avrebbe dovuto farlo? Ora stava bene. Si era sposata con un uomo ricco, affascinante. Come nelle favole, vero?
Oppure come in una canzone di Baglioni. Sorrise amaro. Fanculo le canzonette, si disse.
Un tuono interruppe i pensieri, prolungando un rantolo sordo dalle frequenze basse fino a sotto il letto.
Sfiorò la testata con la punta delle dita, scorrendo sulla liscia superficie di legno chiaro. Il letto, quello, era stato il loro primo acquisto. Ed era stata una giornata così, con un gran temporale che li aveva accompagnati fino a casa, con la vecchia panda curva sotto quello scatolone di cartone beige tutto inzuppato.
E com’era bella, con i capelli bagnati e lo sguardo preoccupato...
Ma non c’è problema, sai? I pacchi sono fatti per resistere all’acqua... Sono mobili svedesi, no? Le diceva lui mentre allentavano gli elastici sul portapacchi e un altro tuono scuoteva l’aria elettrica.
E poi su dalle scale, dopo aver disfatto la scatola fradicia nel portone, un pezzo alla volta. E che fatica farli passare sui pianerottoli stretti, e poi tutto quanto sul pavimento dell’ingresso, ordinato come i resti di un naufragio.
Sorrise ancora a quel materasso grande come una piazza, arrotolato come un grosso arrosto, coperto di nylon che scivolava da tutte le parti e una volta arrivati a casa e aperto e steso sugli altri pezzi si erano sdraiati, fianco a fianco, esausti. A ridere, e a baciarsi a dirsi cose e ad accarezzarsi, come se quello fosse stato il posto più bello del mondo.
Si alzò e andò a chiudere la finestra, con un brivido che non era proprio di freddo. Scostò le tendine con un gesto meccanico, ma poi le lasciò andare. Cosa c’era di nuovo da vedere fuori, se non una distesa di tetti grigi lucidi di pioggia?
Tornò a letto e si tirò il lenzuolo su fino al mento , chiudendo gli occhi.
Dormire?
E perchè no? Magari dormire cento anni, come quella della favola, e aspettare la principessa che ti venga a svegliare? Non c’era nessuna canzone di Baglioni su quell’argomento? Ancora lui? Bah... Però dormire...
Allungò la mano verso l’altra parte del letto. Chissà perchè continuava a farlo?
Guardò il soffitto. Era sempre lo stesso. Tutto quanto era sempre lo stesso.
Mancava solo una cosa.
Ma non avrebbe risposto.
Magari era anche lei a letto. Le piaceva dormire, la mattina, e alzarsi a mezzogiorno, e mangiare due biscotti mentre faceva la cyclette. Non l’aveva nemmeno portata via, la cyclette, quella sera.
Si vede che Silvano ne aveva una sua, pensò, con una punta di fastidio, cercando ancora una volta di capire come facesse a pedalare e a mangiare i biscotti insieme, immaginandosi di soffocare alla seconda pedalata.
Richiuse gli occhi, sforzandosi di non pensare, poi, con il telecomando accese lo stereo. C'era un CD che girava, sottovoce, fra il gracchiare della cassa di destra, quella che aveva sempre sfrigolato.
Non riuscì a capire di che canzone si trattasse se non dopo un paio di minuti, ma che importava? Erano pur sempre passati due anni e in due anni le cose cambiano, eccome. Anche alle canzoni che piacevano a lei. Già.
Fanculo.
Era stata una cazzata, ma non grave.
Chiuse gli occhi. Dopotutto era sopravvissuto, anche ai suoi silenzi. E dormiva già da un pezzo quando arrivò un sms, illuminando lo schermo del telefono di una luce nervosa.Una volta svegliato, lo avrebbe letto, ma perchè tanta fretta? Lo schermo, silenzioso, si spense, la stanza ripiombò nella penombra e lui si voltò sul fianco, nel sonno, la mano allungata verso l'altra parte del letto vuoto, in cerca di lei.

FINE

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